“Italian original”, mille giorni per valorizzare un patrimonio da 260 miliardi (17% del Pil)

Per tornare a far crescere il Prodotto interno lordo del paese il Governo Renzi punta anche sulla valorizzazione del “Made in Italy” che tra le sue voci più illustri ha l’agroalimentare e i prodotti simbolo del Belpaese conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Non è un caso se nel decreto “Sblocca Italia”, approdato in Consiglio dei Ministri all’inizio di settembre, si è pensato ad un pacchetto di misure che includono il lancio di un “Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia”. Per l’iniziativa erano stati previsti 220 milioni di euro nel triennio 2015-2017 per la realizzazione di interventi mirati all’export e alla promozione delle produzioni italiane in campo industriale e agroalimentare, anche e soprattutto in considerazione dell’appuntamento di Expo 2015 di Milano il cui tema sarà “Nutrire il pianeta”. Le prime bozze prevedevano per il triennio 2015-2017 l’assegnazione all’Agenzia Ice di 130 milioni per il 2015, 50 milioni per il 2016 e 40 milioni per il 2017. Secondo l’ultima versione dello Sblocca Italia però i fondi per il piano dovrebbero arrivare solo con la legge di Stabilità. In ballo non ci sono solo i fondi. Si è discusso anche della creazione di un marchio unico “italian original” per le produzioni agroalimentari.

Di questo “segno distintivo unico” si dà conto pure sul sito “Passodopopasso” che accompagnerà i mille giorni di riforme che l’esecutivo si è dato per cambiare l’Italia. Uno dei primi focus è infatti intitolato “Ripartiamo dalle eccellenze italiane”. Il nostro sistema agricolo e agroalimentare – si ricorda – vale oltre 260 miliardi di euro, il 17 per cento del Pil italiano. Per valorizzare questo patrimonio nei prossimi mille giorni il ministero delle Politiche agricole e forestali si concentrerà su export e innovazione. Tra gli obiettivi c’è quello della “quota 50”, ovvero portare il volume dell’export del Made in Italy agroalimentare da 33 a 50 miliardi entro il 2020. E tra le misure per raggiungere questo traguardo si pensa al marchio e al rafforzamento delle misure di contrasto all’Italian sounding. Vale a dire quei prodotti che non sono Made in Italy, sono di qualità inferiore, ma imitano i nostri marchi nel nome. Un fenomeno che avrebbe un giro d’affari da capogiro. Almeno stando alla cifra pari a 60 miliardi di euro di cui ha sempre parlato la Coldiretti, che oltre al caso emblematico del “Parmesan” ha ricordato nei giorni scorsi tanti altri esempi dalla Pomarola del Brasile, all’olio Pompeian del Maryland fino ai pelati San Marzano della California o il kit per fare in casa la mozzarella prodotto in Inghilterra. La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari per l’organizzazione agricola oltre a valere circa 60 miliardi costa all’Italia quasi trecentomila posti di lavoro.

E poi ci sono l’agropirateria e le frodi che, secondo la Cia – Confederazione italiana degli agricoltori, “scippano” al sistema Italia più di un miliardo di euro l’anno. Di queste ben il 20 per cento colpisce il vino, settore d’eccellenza del nostro Paese, che genera quasi 10 miliardi di fatturato, e che insieme all’olio è uno dei nostri fiori all’occhiello. Come se non bastasse l’agroalimentare, pur essendo storicamente anticiclico, un esempio per tutti l’ottima performance che registra il biologico, sta vivendo come gli altri settori le difficoltà legate alla crisi economica. Si paga il ristagno dei consumi interni, con gli acquisti al palo e la deflazione che arriva anche sulla tavola, e le aziende che vanno meglio sono quelle che hanno scommesso o scommettono sull’export. Anche la filiera agricola, nonostante negli ultimi anni sia cresciuto il suo appeal specie fra le nuove generazioni, fa fatica. Basti pensare che secondo l’ultima rilevazione Istat sui prezzi dei prodotti agricoli, se quelli acquistati dagli agricoltori nel II trimestre del 2014 sono diminuiti sono scesi dell’1,1% rispetto al 2013 quelli venduti hanno subito un drastico calo del 4,8 per cento, con il crollo dei prezzi sui campi. A questo si aggiungono i danni provocati sempre più spesso dal maltempo, e da ultimo anche le conseguenze per l’export italiano dell’embargo russo che finora secondo il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi ha causato una perdita in valore di circa 100 milioni (secondo il presidente dell’Ice toccherà quota 250 mln per il 2015).

E poi c’è la partita che si gioca in Europa dove l’Italia si batte per affermare un tipo di agricoltura legata alla certezza dell’origine e dell’etichettatura, che abbia come tratto distintivo la qualità più che la quantità. Tanti i dossier, dagli atti delegati della Riforma della Politica agricola comune al tema dei controlli e alla tracciabilità fino ai grandi accordi internazionali e i negoziati di libero scambio in particolare con gli Stati Uniti e le conseguenze dell’embargo russo che l’Italia potrà affrontare sfruttando l’occasione del semestre di presidenza. A partire dal primo Consiglio europeo informale dei ministri dell’Agricoltura e della Pesca sotto la presidenza italiana che si terrà dal 28 al 30 settembre non a caso a Milano, sede di Expo 2015.(Fonte: Il Velino.it

Redazione

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