Caporalato nella Marche, sequestrati 1.7 mln ad azienda
Le attività, anche di carattere tecnico, scaturite dalla denuncia di un ex dipendente extracomunitario, licenziato dall’azienda per essersi recato al Pronto Soccorso a causa di un grave infortunio verificatosi durante le ore lavorative, hanno consentito di accertare lo stato di sfruttamento in cui versava l’intera forza lavoro presente nello stabilimento di Fermo.
Le perquisizioni effettuate, che hanno interessato anche i locali aziendali, oltre a rilevare, grazie alla collaborazione dei Vigili del Fuoco e dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Fermo, numerose irregolarità alla disciplina in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro ed in materia sanitaria, hanno permesso, sulla scorta delle dichiarazioni rese da tutti i dipendenti e raccolte dai finanzieri del Nucleo Mobile e dal personale messo a disposizione dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ascoli Piceno, di fare emergere una situazione di grave sfruttamento, corroborata anche dalla minuziosa analisi, condotta anche con l’ausilio di personale qualificato CFDA (Computer forensics e data analysis), del materiale documentale e informatico sottoposto a sequestro.
Contrattualizzati per un massimo di 16 ore settimanali, ma costretti a lavorare per almeno 12 ore al giorno, con un unico giorno di riposo e senza la possibilità di fruire di giorni di ferie o comunque di assentarsi per qualsiasi tipo di problematica, compresa la malattia: queste solo alcune delle stringenti condizioni cui dovevano sottostare i dipendenti dell’azienda, perlopiù cinesi e bengalesi. Tali regole, non scritte, ma perentorie prevedevano la decurtazione della paga per chi non le rispettava e il licenziamento dei recidivi.
Chi veniva assunto, per il primo mese riceveva, senza alcuna ragione, il 50% del compenso, senza possibilità di replica; formalmente, i dipendenti percepivano la tredicesima e la quattordicesima ma per mantenere il posto di lavoro – essenziale per il rinnovo del permesso di soggiorno – dovevano restituire tutto al proprio datore di lavoro. Nessun compenso per le ore di straordinario effettuate, 30 minuti di pausa pranzo e l’accesso ai servizi igienici, ma per un massimo di 5 minuti alla volta e non troppe volte al giorno, altrimenti il “caporale” decurtava un’ora di lavoro.
Tutte le condotte ricostruite dagli investigatori hanno permesso di segnalare, alla Procura di Fermo sei persone, di nazionalità cinese e italiana, accusate di avere costituito una organizzata associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di intermediazione illecita di manodopera e di estorsione.
Il rilevante sequestro preventivo operato sui conti aziendali, che si sono rivelati “capienti” rispetto all’ammontare del provvedimento cautelare, tiene conto di tutte le ore di lavoro effettuate e non retribuite e dei relativi contributi che non sono stati versati per ogni singolo dipendente aziendale.
Le condotte illecite sono attualmente al vaglio dell’Autorità giudiziaria. vbo/gsl