Cerea “La cucina italiana si è rivelata vincente nel mondo”

MILANO (ITALPRESS) – La stella Michelin è “la massima aspirazione” di ogni cuoco, perchè rappresenta “la consacrazione del proprio lavoro e della propria dedizione. Non bisogna lavorare solo per questo fine, ma se tutti i giorni” lavori “con passione e talento, dimostri la tua qualità. Quando arrivi a certi risultati è davvero bello e gratificante e, anche economicamente, c’è un risvolto importante”. Lo ha detto Enrico Cerea, Executive Chef del ristorante “Da Vittorio”, che di stelle Michelin può vantarne tre, intervistato da Claudio Brachino per il magazine televisivo Italpress Economy.
“I nostri genitori sono stati bravi a trasmetterci l’importanza della famiglia e dei valori ai quali non possiamo rinunciare, anche una volta che ci siamo ingranditi. Papà e mamma aprirono nel 1966 a Bergamo, poi nel 2005 ci siamo spostati a Brusaporto e da lì siamo arrivati ad aprire ristoranti a St Moritz, a Shanghai, a Portofino, a Milano, a Parigi e poi con il catering giriamo tutto il mondo”, ha spiegato lo chef. L’anima del ristorante è mamma Bruna, “l’ultima che se ne va e la prima che apre, serve tutti i giorni: la sua tenacia ci dà l’esempio, ci ha trasmesso la voglia di essere sempre presenti e di seguire tutto il percorso dalla A alla Z”. Poi ci sono “i miei fratelli, Bobo in cucina con me, Francesco che si occupa soprattutto degli eventi esterni, Rossella che è molto attenta all’accoglienza e sviluppa tutti i nostri progetti, mentre Barbara ha scelto un’altra strada”, ha ricordato. “Negli ultimi anni abbiamo avuto uno sviluppo pazzesco, del 20% ogni anno: abbiamo cercato di organizzarci con dei manager, abbiamo informatizzato tutto – anche investendo e rischiando di non farcela – e per ora sta andando molto bene, i ragazzi sono molto più motivati e adesso ci stiamo strutturando per diventare un’azienda al 100%. Se penso che mamma e papà sono partiti da un piccolo bar in centro a Bergamo, devo dire ne abbiamo fatta di strada: ormai lo staff che lavora con noi è di 800 persone”, ha spiegato.
“Chi fa il mio mestiere è fortunato a farlo in Italia, perchè abbiamo dei prodotti che tutto il mondo ci invidia e una cucina che tutto il mondo conosce, che forse fino a qualche anno fa era considerata troppo semplice ma che, con le ultime generazioni, ha avuto una svolta decisiva e ha dimostrato professionalità, capacità e tecnica e si è rivelata vincente rispetto ad altre cucine anche molto blasonate perchè non stanca e ti emoziona”. Per Cerea “è impagabile guardare negli occhi un ospite e vedere le emozioni che gli suscita quello che tu gli hai preparato: sei veramente ripagato di tutto” perchè – sottolinea – “il nostro mestiere è il più bello del mondo, ma ti assorbe tanto”. A questo si ricollega la difficoltà di trovare personale. “La stiamo riscontrando. E’ vero, i tempi sono cambiati e i giovani si sono resi conto dell’importanza del loro tempo, di come spenderlo al meglio. Ai colloqui, il lato economico conta ma fino a un certo punto”: contano di più “le prospettive che dai loro che sono interessati: essere parte di un progetto è stimolante ed è una cosa trovo molto positiva. Non è vero che i giovani al giorno d’oggi non sono più come eravamo noi, anzi, sono più preparati e quelli che veramente hanno voglia e vogliono arrivare si pongono degli obiettivi importanti”. Dopo il Covid, “abbiamo deciso di aprire delle Academy dove per esempio i ragazzi che sono partiti facendo i camerieri magari possono fare dei corsi di management, di psicologia e di lingue”. Per Cerea è importante mostrare ai giovani la realtà di questa professione: “Consiglio ai ragazzi di non seguire troppo le trasmissioni” che è vero che “hanno sdoganato la professione del cuoco, portandola a un livello veramente molto importante”, ma mostrano “delle cose che danno una percezione non corretta e non reale. Le scuole alberghiere si sono riempite di ragazzi che volevano fare il cuoco, poi dopo un anno o due hanno mollato perchè non si erano resi conto veramente di cosa si trattava. Dico ai miei colleghi – ce ne sono di bravissimi che fanno televisione – di dare il messaggio giusto ai ragazzi, per non far sprecare loro tanto tempo e tanti anni”.

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