CATANIA (ITALPRESS) – Su delega della Procura – Direzione Distrettuale Antimafia, oltre 50 militari del Comando Compagnia Carabinieri di Giarre, in collaborazione con reparti specializzati dell’Arma, hanno dato esecuzione a misure cautelari nei confronti di quattro persone accusate, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di droga. L’ordinanza è stata emessa dal gip presso il Tribunale di Catania. Notificati avvisi di conclusione indagini preliminari ad altre 20 persone, inserite nel medesimo contesto associativo e partecipi di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione denominata “Tigre reale” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia e dalla Stazione di Giarre, da settembre 2019 a giugno 2021, si è sviluppata sia mediante tipologie d’indagine tradizionali, come i servizi di osservazione e pedinamento, sia attraverso un’attività tecnica di intercettazione, che ha consentito numerosi riscontri oggettivi quali arresti in flagranza di reato, controllo degli acquirenti, sequestri di droga e denaro. Le indagini hanno consentito di disarticolare un gruppo criminale dedito alla gestione di una redditizia piazza di spaccio nel quartiere “Jungo” di Giarre. Al vertice dell’associazione criminale due pluripregiudicati, uno dei quali avrebbe svolto anche il compito di “cassiere” dei proventi illeciti. Gli indagati avrebbero messo in piedi un vero e proprio “supermarket” della droga, fonte giorno e notte di approvvigionamento di cocaina e marijuana, protetto da “misure di sicurezza” volte a prevenire o eludere eventuali blitz delle forze dell’ordine, quali l’installazione di telecamere e la “fortificazione” della piazza con cancelli, grate in ferro e porte blindate. Una fiorente attività criminale gestita a conduzione familiare. L’indagine avrebbe infatti consentito di accertare la partecipazione all’organizzazione di spaccio anche dei figli di alcuni indagati. La fitta rete di vedette sarebbe stata invece gestita direttamente dalla moglie del capo, che avrebbe fornito direttive ben specifiche su come effettuare l’attività di vigilanza e sulle precauzioni da adottare in caso di presenza delle forze dell’ordine. La donna si sarebbe occupata inoltre, in caso di momentanea assenza del marito e del figlio maggiore, di accogliere i corrieri e di ricevere la droga, provvedendo alla pesatura dello stupefacente, nonché aiutando nel successivo conteggio dei guadagni. L’indagine avrebbe inoltre permesso di accertare il placet di cui avrebbe goduto la famiglia al vertice dell’organizzazione da parte del “clan Laudani” di Piedimonte, nello specifico da parte di Antonio Di Mauro – figlio di Paolo detto “u prufissuri” – responsabile dell’area di Giarre. Un episodio emblematico del carattere verticistico dell’associazione e dell’impossibilità di mettere in discussione le direttive del promotore, sarebbe stato il brutale pestaggio, avvenuto nell’agosto 2020, ai danni di uno spacciatore al dettaglio, che dopo essersi rifornito presso l’emporio della droga avrebbe osato mettere in discussione la qualità e la modalità di taglio dello stupefacente, pretendendo di partecipare alla preparazione della cocaina da vendere, al fine di accertarsi di non essere raggirato. Nel corso delle attività d’indagine, quali riscontri, i Carabinieri hanno arrestato 10 pusher per “detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente”, hanno sequestrato oltre 1 chilo di marijuana e 350 grammi di cocaina e la somma in contanti 1.000 euro quale provento dell’attività di spaccio. vbo/
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