Da qui al 2017 le esportazioni italiane cresceranno del 7,3%

contenersL’export italiano torna ad aumentare il passo e, dopo la performance pressoché stagnante nel 2013 (-0,1%), si prepara a mettere a segno un +6,8% nel 2014, accelerando il ritmo fino a raggiungere un valore di circa 539 miliardi di euro nel 2017, con un tasso di crescita media nel quadriennio del 7,3%. Le previsioni di SACE confermano il trend di risalita, relativamente sostenuto, delle nostre vendite all’estero: un cammino che, seppur caratterizzato da discontinuità e da cambiamenti di scenario repentini che hanno reso sempre più arduo il compito di formulare previsioni, ha consentito di recuperare i livelli pre-crisi già nel 2011 (€ 375 miliardi di export in valore), ed è destinato a continuare nel medio-lungo termine.

È quanto emerge da Rethink, l’ultimo rapporto Export di SACE. Si rafforzerà – si legge nel Rapporto – sempre più il processo di riposizionamento delle esportazioni italiane verso i mercati emergenti. In cinque anni, il loro peso sull’export complessivo è aumentato di circa 4 punti percentuali, a fronte di una riduzione simile dell’incidenza degli avanzati; l’UE rappresenta ormai, oggi, meno della metà delle esportazioni italiane. Nonostante l’inevitabile discontinuità dei loro processi di crescita, saranno i mercati emergenti a generare le migliori opportunità per le imprese del “nuovo export”.

Lo sforzo di investimento che stanno portando avanti, soprattutto nel settore manifatturiero, rappresenta un’ottima occasione per le tecnologie italiane, mentre la crescita della classe media, che continuerà in futuro, alimenterà la domanda dei prodotti del Made in Italy più tradizionale. La classifica “top market”, stilata da SACE per segnalare i mercati a maggior potenziale di export, include un mix di destinazioni difficilmente etichettabile: da un lato, riflette a pieno la prevalenza dei maggiori mercati emergenti (Cina, Russia, Brasile e Turchia) e l’affermazione di nuove mete meno battute (Indonesia, Messico e Arabia Saudita ed Emirati); dall’altro lato, conferma la rilevanza di mercati avanzati ormai acquisiti quali Stati Uniti e Regno Unito.

Fuori classifica, guardando a un orizzonte di medio-lungo termine, meritano una menzione quelli che il Rapporto definisce possibili target di “prossima generazione”: mercati verso i quali il nostro export registra livelli ancora non elevati ma potrebbe trovare ottimi margini in futuro (Filippine, Malesia, Mongolia, Azerbaijan, Qatar, Cile, Colombia, Peru, Panama, Nigeria, Angola, Mozambico).

 I SETTORI DEL NUOVO EXPORT: AL TOP BENI D’INVESTIMENTO E BENI AGRICOLI – La ricerca di nuovi mercati ha fatto da catalizzatore, portando all’affermazione dei settori del Made in Italy, in cui spiccano, al fianco dei beni d’investimento a medio-alta tecnologica, i prodotti del nostro manifatturiero e – new entry di quest’anno – i beni agroalimentari. Le esportazioni italiane di beni agricoli e alimentari cresceranno persino più velocemente rispetto a quelle degli altri prodotti manifatturieri, grazie a punti di forza come tradizione e certificazione, e alle nuove tendenze di consumo, sempre più ricercate, sia per la genuinità dei prodotti sia per i riflessi sul lifestyle. Un’evidenza che trova riscontro nella classifica “top sector” 2014-2017 di SACE.

Condividono la vetta del ranking, in singolare combinazione, alimentari, bevande e beni agricoli, da un lato, e beni d’investimento (come apparecchiature elettriche e meccanica strumentale), dall’altro. Anche gli altri prodotti del Made in Italy tradizionale (i beni di consumo), registreranno un aumento apprezzabile delle esportazioni. Ancora una volta, gioca un ruolo fondamentale la qualità, riconosciuta a livello internazionale a tutte le gamme di prodotti, non solo quelli di lusso.

Il Made in Italy a medio-alta tecnologia (beni intermedi e d’investimento) ha saputo cogliere i mutamenti del commercio internazionale, sempre più incentrato sulla frammentazione delle funzioni produttive a livello internazionale, posizionandosi nelle Catene Globali del Valore. Dopo le difficoltà degli anni recenti, in cui è pesato l’andamento negativo del ciclo europeo degli investimenti, l’export di beni di investimento sarà trainato dalla ripresa nei Paesi avanzati e dagli investimenti in industrializzazione dei mercati emergenti, di cui beneficeranno soprattutto le esportazioni di meccanica strumentale (+8,5% in media nel 2014-2017).

I beni intermedi risentiranno invece dell’incertezza della ripresa in Europa, destinazione di ben oltre la metà delle ven¬dite all’estero per queste produzioni. Il lento recupero della domanda europea potrà tuttavia favorire ulteriormente il processo di riposizionamento in altri mercati, a conferma di come le difficoltà del Vecchio Continente continuino a essere un importante motore di cambiamento.

 DISTRETTI – Mentre la struttura regionale dell’export italiano è rimasta sostanzialmente invariata tra il 2007 e il 2012, i distretti hanno dimostrato un dinamismo diverso, con performance talvolta in controtendenza rispetto alle Regioni di riferimento. I distretti del Nord Est, ad esempio, sono risultati in controtendenza rispetto all’export totale dell’area, grazie a contributi importanti arrivati dal Friuli-Venezia Giulia e dal Trentino-Alto Adige; in Veneto, le ottime performance dell’occhialeria di Belluno e dell’oreficeria di Vicenza hanno controbilanciato l’andamento difficoltoso degli altri distretti, trainando i risultati regionali. A Nord Ovest, la contrazione di alcuni importanti distretti lombardi, come la metalmeccanica di Lecco e la calzetteria di Mantova, ha indotto un calo delle esportazioni di 1,8 punti percentuali. Una diversità di performance evidente anche al Centro Italia dove, alle difficoltà dei distretti marchigiani si contrappongono i successi dei tosca¬ni: l’oreficeria di Arezzo, il vino del Chianti, la pelletteria e le calzature di Firenze, la concia e le calzature di Santa Croce sull’Arno hanno toccato il record delle esportazioni nel 2012. Pochi ma buoni, i distretti del Sud orientati all’export, pur continuando a pesare poco sul totale dei distretti italiani (6,6%), hanno visto spiccare i distretti alimentari delle conserve di Nocera e della mozzarella di bufala campana, al fianco di distretti a medio-alta tecnologia come quello della meccanica di Bari.

QUALI PAESI PER QUALI SETTORI – La bussola delle opportunità sviluppata nel Rapporto di SACE indica le migliori opportunità per il nuovo export, settore per settore. Segnala quei mercati in cui le produzioni italiane sono già ben posizionate e potranno mettere a segno tassi di crescita dell’export sostenuti (“mercati acquisiti”), e quei mercati in cui i livelli di vendite sono ancora bassi ma le dinamiche di crescita potenziale sono interessanti. La reattività delle nostre imprese a queste opportunità può generare interessanti prospettive a medio-lungo termine. Attraverso quest’analisi, emergono sacche di opportunità settoriali per diverse mete al di fuori delle rotte più battute: Paesi africani come l’Angola per i prodotti alimentari, il Messico per l’arredamento, l’Arabia Saudita per l’abbigliamento; Hong Kong e Indonesia per i mezzi di trasporto; India, Corea del Sud e Brasile per la gomma e la plastica. La meccanica strumentale, il settore più internazionalizzato dell’industria italiana, ha già acquisito Arabia Saudita e Thailandia, ma trova ottimo potenziale in mercati ancora meno esplorati come Cile e Sudafrica.

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