Ue-Russia, i dubbi sull’efficacia delle sanzioni. Una certezza: tanti danni

Come spesso capita, la semplicità dei numeri è lampante e non ha bisogno di tanti giri di parole: da gennaio sono stati bruciati 3,2 miliardi di euro di interscambio italo-russo e solo a settembre sulla strada che va da Roma a Mosca si sono persi quasi 100 milioni di export. Cifre non di poco conto che chiamano a considerare l’efficacia delle sanzioni incrociate fra Stati Uniti ed Europa da una parte e Russia dall’altra per via della crisi ucraina. Riflessioni, molte e da vari fronti, sono arrivate il 23 e il 24 ottobre a Verona, dove si è svolto il III Forum eurasiatico, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Gazprombank. Un vertice economico che ha visto la presenza di politici, top manager e imprenditori (oltre 700 le aziende presenti), fra cui l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, l’amministratore delegato di Finmeccanica Mauro Moretti, il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, e poi il presidente e ceo di Rosneft, Igor Sechin, il vice ceo di Gazprom Alexandr Medvedev e il viceministro degli Affari esteri Alexey Meshkov.

Già lo slogan della manifestazione lascia adito a pochi dubbi: “La forza della realtà e le ragioni dell’economia devono prevalere sulla forza delle armi”. Se dunque per Prodi, che oggi è presidente della Fondazione per la Collaborazione fra i Popoli, le sanzioni sono “un suicidio collettivo” che risparmia però gli Usa – “Non ci dobbiamo far fare il gioco delle carte dagli altri”, avverte -, e per l’ad di Intesa Carlo Messina “un fattore di rischio per la crescita europea”, Meshkov fa i conti in tasca a Bruxelles rilevando per l’Europa una perdita di 40 miliardi quest’anno e di 50 miliardi per il 2015, ma si dice convinto che “alla fine potremo uscire da questa crisi che non serve a nessuno e ricominciare a collaborare con l’Italia” di cui la Russia rimane “partner sicuro e affidabile”. Da registrare anche le parole del direttore generale del Centro studi internazionali di Kiev, Anatoly Orel, secondo cui l’Ucraina “è in crisi nera” e ha bisogno di 19 miliardi entro il 2015 per stabilizzare la propria economia.

Una situazione particolarmente difficile e foriera di possibili, ulteriori perdite per l’economia europea, russa, ucraina ed eurasiatica che sta destando grande attenzione anche da parte della politica italiana sulla spinta del vertice Asem che si è svolto a Milano a metà mese. E per una volta il Parlamento appare in totale sintonia, come si evince dalle interviste fatte dal VELINO: se il leghista Massimiliano Fedriga definisce le sanzioni “una follia” e attacca il governo “supino alla Germania che non appoggia le nostre attività produttive”, il forzista Lucio Malan parla di “boicottaggio contro l’Italia” e invita il presidente del Consiglio Matteo Renzi a “muoversi a livello europeo per mettere fine al blocco”. L’ex tesoriere Ds e senatore Pd Ugo Sposetti invoca “la fine della guerra economica” rilevando come “serva più buonsenso”, mentre il deputato di Sel Arturo Scotto ritiene che le sanzioni siano “da rivedere” visto che sono state adottate dall’Ue “frettolosamente”. Infine, Ignazio La Russa di FdI non ha dubbi che si sta commettendo “un errore” nel momento in cui “occorre unire le forze contro Is”. Peraltro, “per l’Italia non c’è alcun vantaggio economico, politico e di sicurezza nell’andare contro Mosca”. Ma vediamo nel dettaglio cosa sta accadendo.

Le sanzioni occidentali alla Russia sono commerciali ma anche industriali e finanziarie con restrizioni operative a società e organismi internazionali come Bei (Banca europea per gli investimenti) e Bers (Banca europea ricostruzione e sviluppo) per realizzare progetti di investimento e al funding internazionale delle maggiori società petrolifere e banche russe. Il Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo rileva come l’embargo, se esteso al settore energetico, fornirebbe un impatto recessivo sull’economia europea e non sono da sottovalutare neppure le conseguenze sulle relazioni commerciali e di investimento a causa di un possibile cambio di partner commerciali che la Russia sarebbe indotta a cercare nel medio termine nei settori della produzione di beni capitali e nella ricerca tecnologica. Sul terreno geopolitico potrebbero derivare rischi dal rallentamento del processo di integrazione economica e finanziaria internazionale di altri Paesi dell’area della Comunità degli Stati Indipendenti e da un eventuale spostamento del baricentro delle relazioni russe verso altre aree mondiali, soprattutto asiatiche.

Venendo all’Italia, quarto partner commerciale di Mosca con volumi di interscambio nel 2103 per oltre 30 miliardi di euro, le sanzioni imposte all’esportazione di prodotti del settore agro-alimentare ha ricadute importanti in diversi casi aziendali direttamente coinvolti. Le restrizioni commerciali sul comparto tessile-abbigliamento al momento sono limitate alle importazioni destinate ad enti pubblici russi e dunque non dovrebbero esserci ripercussioni significative perché l’attività del settore nel nostro Paese è rivolta quasi del tutto ad acquirenti privati. Anche nel caso italiano, impatti potenzialmente più significativi riguardano l’export di beni capitali e gli investimenti diretti. Sull’altro fonte, si ipotizzano problemi anche per la crescita potenziale dell’economia russa che, vista già prima della crisi intorno al 3 per cento, potrebbe abbassarsi ancora di più a causa delle sanzioni. La situazione – segnalano ancora gli economisti di Intesa Sanpaolo – appare critica in prospettiva per banche e società russe che dovranno rifinanziarsi per 84 miliardi nella seconda metà del 2014 e per 90 miliardi nel 2015, senza dimenticare che circa il 50 per cento della raccolta obbligazionaria delle banche locali è fatta sui mercati europei.

Da ricordare che da gennaio 2010 esiste l’Unione Doganale Eurasiatica tra Russia, Bielorussia e Kazakistan e che a gennaio 2015 vedrà la luce l’Unione Economica Eurasiatica, in cui entrerà pure l’Armenia: Paesi che rappresentano un territorio di 20 milioni di chilometri quadrati ricchi di materie prime e 180 milioni di abitanti con una classe media che presenta consumi in crescita. In termini assoluti, si tratta di un’area che vanta un interscambio con il resto del mondo pari nel 2013 a circa 1.056 miliardi di dollari. E seppure Bielorussia e Kazakistan non sono state colpite dalle sanzioni occidentali né si sono associate alle controsanzioni russe, la situazione che si sta venendo a creare potrebbe dare ripercussioni negative anche alle loro economie per il deterioramento del clima di affari e, in prospettiva, del potenziale di crescita atteso per l’economia russa.( Fonte: Agenzia Il Velino)

Redazione

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